Verso il summit BRICS+ di Rio: il Mediterraneo tra cooperazione e rivalità

A Rio de Janeiro, il 6 e 7 luglio prossimi si terrà il diciassettesimo summit BRICS+[1] in un contesto di grande cambiamento per questo forum multilaterale. Oramai da molti anni, il calendario annuale dei BRICS+ è particolarmente intenso e ricco di eventi a carattere economico, culturale e politico, in modo da imbastire collaborazioni multilivello tra tutti i membri e gli Stati partner aperti ad aderire alle iniziative del gruppo. Gli incontri “di vertice” sono stati diversi, coinvolgendo ministri dell’Economia, ministri delle Comunicazioni e ministri degli Esteri. Questi ultimi si sono incontrati a fine aprile, annunciando ufficialmente l’importanza che rivestirà il prossimo incontro di luglio che riflette l’ambizione dell’organizzazione a volersi strutturare più come un’organizzazione internazionale piuttosto che come un gruppo informale. Di contro, ci sono alcuni segnali non propriamente positivi per la realizzazione di queste ambizioni: a parte la Russia, che dal 2023 non è mai stata rappresentata da Vladimir Putin probabilmente per il timore dell’esecuzione del mandato d’arresto deciso dalla Corte penale internazionale, anche la Cina, questa volta, non sarà rappresentata da Xi Jinping bensì dal primo ministro Li Qiang. Ufficialmente il presidente cinese ha altri impegni improrogabili in agenda, ma c’è il sospetto che il forfait di Xi sia dovuto al peggioramento dei rapporti con alcuni degli altri Stati membri, come, ad esempio, l’India – va ricordato però che Xi Jinping saltò il business forum di Johannesburg nel 2023 facendosi rappresentare dal ministro del Commercio, Wang Wentao.

Logo della presidenza brasiliana BRICS+. Fonte: Aise.it

Negli ultimi anni, l’organizzazione ha mostrato sempre più interesse per il Mediterraneo così come è cresciuto quello dei paesi della “sponda sud” verso l’organizzazione. Questo non solo perché l’aerea rappresenta il fulcro di interessi specifici bilaterali e multilaterali da parte dei paesi BRICS+ (come si vedrà successivamente), ma anche perché il Mediterraneo è un terreno di prova per valutare il declino dell’egemonia occidentale e la sua contestazione da parte dei BRICS+ (Cina e Russia in testa) e dei leader regionali (a prescindere che essi siano membri o partner del gruppo). Questo interesse ha iniziato a manifestarsi negli ultimi 15 anni circa – praticamente dallo scoppio delle Primavere arabe – aprendo la strada all’iniziativa BRICS Mena nel 2011, ripetuta per 11 edizioni, l’ultima delle quali a Brasilia quest’anno. L’iniziativa si concentra soprattutto sulla “risoluzione pacifica dei conflitti regionali”, nel rispetto del diritto internazionale. Durante l’ultimo summit dedicato alla regione, i partecipanti hanno sottolineato l’importanza del ruolo di Unifil per la pace in Libano e la necessità di un approccio multilaterale contro ogni azione unilaterale – vista come una possibile fonte di aumento dell’instabilità. Negli ultimi due anni, diversi paesi della regione sono entrati a far parte dei BRICS: Egitto, Emirati Arabi Uniti e, allargando geograficamente, anche Iran ed Etiopia, che hanno un’influenza diretta sulle relazioni economiche e politiche del bacino del Mediterraneo. Questo allargamento (a cui si sono uniti anche paesi extra-Mena) ha aggiunto il “+” alla sigla BRICS+ rendendolo de facto un forum complementare al G20 occupandosi di temi molto simili ma da prospettive differenti. Al di là delle iniziative multilaterali, però, la penetrazione dei BRICS+ nella regione poggia su due capisaldi di natura “bilaterale”: il primo è l’influenza dei singoli membri BRICS+ che si realizza attraverso progetti bilaterali, mentre il secondo è il ruolo della Nuova banca per lo sviluppo (Ndb), istituzione internazionale multilaterale con sede a Shanghai, istituita dai BRICS+ ma con un’identità separata da quest’ultimi, tant’è che i membri non sono gli stessi.

Il Mediterraneo al centro delle ambizioni politiche ed economiche dei BRICS+

La presenza politica ed economica dei paesi BRICS, soprattutto Russia e Cina, nel Mediterraneo è cresciuta esponenzialmente a partire dagli anni 2000, sfidando l’egemonia occidentale nella regione. Lo scambio economico tra paesi Mena e BRICS è aumentato esponenzialmente negli ultimi venti anni, segnando un incremento delle esportazioni BRICS nella regione di quasi dieci volte mentre i BRICS importano beni dai paesi Mena circa undici volte di più rispetto a inizio millennio. Questa interconnessione è stata condizionata innanzitutto dalla forte crescita economica e industriale di India e Cina e, di conseguenza, dall’aumento del loro fabbisogno energetico, rendendo le economie dei due blocchi complementari tra loro: i paesi Mena sono principalmente produttori ed esportatori di materie prime e risorse energetiche mentre la Cina e l’India sono consumatori di queste risorse ed esportatori di una vasta gamma di prodotti a prezzi competitivi – dal settore alimentare e farmaceutico fino ad arrivare ai macchinari industriali e ai prodotti tecnologici, passando per i beni di largo consumo, tessuti e abbigliamento. Questa complementarità ha portato i paesi BRICS a investire anche in opere industriali e infrastrutturali per rendere ancora più efficiente tale interdipendenza, cementando la loro presenza nel Mediterraneo e mettendo in sicurezza le rotte commerciali.

Naturalmente, nel campo delle relazioni bilaterali la Cina è la protagonista grazie alla sua progettualità (legata alla Belt & Road Initiative) e alla disponibilità economico-finanziaria: oltre agli investimenti limitati ai propri interessi nazionali (come l’enorme fabbrica di batterie al litio in Marocco o il Complesso d’estrazione di fosfati a Bled El Hadba, in Algeria) Pechino è molto impegnata nello sviluppo infrastrutturale della regione partecipando alla costruzione di migliaia di chilometri tra autostrade e ferrovie ad alta velocità, con l’obiettivo di collegare i principali snodi commerciali del Mediterraneo tra loro, creando un ponte tra oceano Indiano e oceano Atlantico. Tali investimenti si concentrano al momento in Egitto, Algeria e Marocco. Lo sviluppo di complessi industriali prosegue di pari passo, specialmente nell’area di Suez dove la Russia è altresì coinvolta. Anche l’India sta cercando di inserirsi con progetti di corridoi commerciali alternativi a quelli cinesi (l’India-Middle East-Europe Economic Corridor) ma con un notevole ritardo sul vicino asiatico. Questo sottolinea non solo come i BRICS+ abbiano interessi concorrenti e potenzialmente rivali (non solo dal punto di vista strategico-commerciale) ma anche come il Mediterraneo sia un quadrante capace di esasperare tali tensioni – proprio per l’importanza globale della regione. Precedentemente si è scritto che il Mediterraneo rappresenta per i BRICS un termometro per valutare il declino dell’egemonia occidentale, ma esso è anche un banco di prova per testare la coesione del gruppo BRICS+.

Un altro elemento di concorrenza è quello relativo alla vendita di armi: alcuni Stati, come ad esempio l’Egitto, l’Algeria o l’Iran, stanno guardando con interesse la produzione militare cinese (navale e aeronautica soprattutto) guidati un po’ dalla necessità di saldare relazioni più strette con la seconda potenza mondiale, un po’ dalle “scarse prestazioni” delle forniture concorrenziali (russe in primis ma anche occidentali) registrate nei conflitti degli ultimi anni – non ultimo quello tra Israele e Iran nel giugno 2025. Più lentamente, anche l’India si sta aggiungendo alla competizione tra Russia e Cina per la vendita di armamenti nella regione.

Come gruppo coeso, i BRICS+ stanno cercando di intervenire soprattutto attraverso progetti finanziati dalla Nuova banca di sviluppo che coprono settori più vari: sanità, trasporti, sviluppo tecnologico, finanziario ed energetico. Quest’ultimo settore copre circa un terzo dei progetti della Ndb: ad esempio, la Banca sta finanziando un progetto da cinque miliardi di dollari per la produzione di idrogeno verde ed è molto attiva anche nello sviluppo del fotovoltaico e delle energie “verdi” in generale. Un altro settore rilevante (circa un quarto dei progetti) è quello dei trasporti – spesso co-finanziati da consorzi cinesi. Infine, una parte importante degli investimenti è destinata alla sicurezza alimentare: un’iniziativa interessante per i paesi Mena è rappresentata dalla proposta del presidente russo, Vladimir Putin, di creare un mercato comune BRICS+ per lo scambio di prodotti agroalimentari, sostenuto dalla Ndb e dal BRICS Contingent Reserve Arrangement (Cra), riserva monetaria di supporto in caso di crisi. A questi due si aggiunge un terzo strumento: il BRICS Clear, metodo di pagamento alternativo allo Swift “occidentale” destinato a gestire le transazioni tra i paesi del gruppo. Per poter usufruire di questi strumenti finanziari, è necessario essere membri della Ndb, il che rappresenta un’opportunità, ma comporta anche rischi geopolitici, per i paesi Mena.

La rotta sud verso i BRICS+: meno vincoli, più opportunità

Una delle motivazioni principali che spinge i paesi Mena a mostrare interesse verso la Ndb è il rispetto del principio di non ingerenza negli affari interni degli Stati. Infatti, a differenza degli aiuti allo sviluppo provenienti dai paesi occidentali, la Ndb non impone condizionalità legate a riforme politiche o economiche per l’erogazione dei finanziamenti. Questo rappresenta un vantaggio significativo per quei governi che intendono evitare pressioni volte a promuovere riforme in senso democratico o liberale, le quali potrebbero minacciare la stabilità delle élite politiche al potere.

In secondo luogo, l’adesione ai BRICS+ o alla Ndb rappresenta per i governi Mena una maniera per diversificare le relazioni internazionali, cercare nuove sponde ed alternative che possano, in qualche misura, tamponare una possibile crisi politico-diplomatica con “l’Occidente”. Questa dinamica incoraggia le “medie potenze” regionali ad adottare posizioni più indipendenti rispetto alle questioni internazionali, allontanando il timore d’isolamento.

Il caso tunisino è un esempio di come i BRICS+ rappresentino un rimedio contro l’ostracismo occidentale. La Tunisia ha annunciato una possibile adesione nel 2023. Negli anni precedenti, Tunisi aveva vissuto l’allontanamento e l’emarginazione da parte dell’Unione Europea a causa delle politiche sempre più autoritarie del presidente Kaïs Saïed; mentre, per motivi simili, nel 2024, il governo di unità nazionale libico, tramite il suo ministro dell’Economia, Mohamed Al-Hwaij, si era detto pronto a entrare nel gruppo dopo che l’anno precedente i BRICS+ avevano difeso l’unità e la sovranità del paese facendo un appello alla riconciliazione nazionale.

L’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, entrambi entrati nel 2024 insieme a Iran ed Etiopia, stanno registrando benefici concreti in termini di investimenti e progetti per lo sviluppo dovuti soprattutto alla loro adesione alla Ndb. I due attori aspirano a svolgere un ruolo chiave nell’area del Mediterraneo, sia in termini di capifila nei progetti verso gli altri paesi della regione, che come gatekeeper per facilitare (o orientare) l’ingresso di nuovi Stati nei BRICS+ o nella Ndb.

Un poco più intricate sono le relazioni tra BRICS e Algeria, Arabia Saudita e Marocco. Quest’ultimo non ha mai ufficialmente fatto richiesta per due ragioni: da un lato, tradizionalmente, il Marocco predilige relazioni bilaterali mirate e questo gli consente un dialogo cordiale sia con l’Occidente che con i membri BRICS+ e per questo vorrebbe, per il momento, evitare un impegno formale con i BRICS; dall’altro lato, Pretoria si oppone all’ingresso di Rabat nel gruppo a causa degli interessi opposti sulla questione del Sahara occidentale. Nonostante il corteggiamento russo e della Ndb, il Marocco appare esitante e probabilmente opterà per aderire solo alla Ndb, come ha già fatto l’Algeria.

La storia delle relazioni tra Algeri e i BRICS+ è travagliata: in sintesi, il paese nordafricano aveva fatto formale domanda di adesione a fine 2022; l’anno successivo, al vertice di Johannesburg, Algeri non è tra i sei nuovi invitati. A questo punto, il presidente Abdelmadjid Tebboune si irrigidisce lamentandosi della incoerenza dei criteri di adesione, giudicati poco chiari e soggetti alle simpatie/antipatie degli Stati membri; alcune fonti algerine sostengono che sia stato un “modesto emirato del golfo” a porre il veto all’ingresso dell’Algeria nel gruppo, mentre altre fonti dicono sia stata l’India tramite pressioni francesi. Da quel momento, l’Algeria ha dichiarato chiusa la questione BRICS+ ma è in compenso riuscita a ottenere la membership alla Ndb.

Una posizione molto simile a quella algerina è quella dell’Arabia Saudita, uno dei sei nuovi invitati al vertice di Johannesburg del 2023 ma che ha bloccato la sua adesione formale ai BRICS+ a causa dell’irrigidimento di Washington. Molto probabilmente, però, aderirà nel prossimo futuro alla Ndb. Anche per Riad, i BRICS+ rappresentano una maniera per diversificare le proprie relazioni regionali e internazionali e adottare posizioni più autonome rispetto a quelle dell’alleato storico; basti pensare alla posizione saudita nel quadro della guerra israelo-iraniana, non propriamente allineata a quella di Washington.

Infine, per i paesi MENA, sembra più vantaggioso aderire esclusivamente alla Ndb senza entrare a far parte dei BRICS+. Infatti, questa scelta non obbliga i governi ad adottare politiche che contrastano l’ordine liberale internazionale occidentale, evitando così di doversi schierare e di rischiare di perdere investimenti e supporto politico, soprattutto dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo, consente loro di beneficiare dei concreti vantaggi offerti dai finanziamenti della Ndb.

Incontro dei ministri degli Esteri a Rio, aprile 2025. Fonte: Xinhua news

Contrasti occidentali e sfide multilaterali: la sponda nord e la strategia contro i BRICS+

Come già menzionato per il caso saudita, gli Stati Uniti e l’Unione europea stanno conducendo una diplomazia attiva per contrastare la penetrazione geopolitica dei BRICS+ nel Mediterraneo anche se al momento gli aspetti politici dell’organizzazione sono quelli che preoccupano meno gli alleati occidentali. Quello che preoccupa più il duo “US/Ue” è la penetrazione economica cinese, russa e, in minor misura, indiana – mentre è meno preoccupante la penetrazione economica emiratina, che è storicamente presente nell’area Mena anche prima dell’adesione ai BRICS+. Per questo l’Ue ha lanciato diverse iniziative indirizzate soprattutto all’Africa, di cui la più nota è il Global Gateway (sostenuto dal Team Europe), con l’obiettivo di contrastare principalmente gli investimenti cinesi, spesso coadiuvati dalla Ndb, nel Mediterraneo. In questo contesto rientrano, ad esempio, il memorandum siglato con l’Egitto per la digitalizzazione e lo sviluppo energetico, oltre agli investimenti nel porto di Tangeri Med.

Conclusioni

Il Mediterraneo si conferma come un crocevia cruciale per l’espansione dei BRICS+ e per la rimodulazione degli equilibri geopolitici globali. L’integrazione economica crescente tra i paesi Mena e il gruppo, insieme all’influenza finanziaria esercitata dalla Nuova banca per lo sviluppo, apre nuove possibilità di sviluppo e cooperazione multilaterale, ma porta con sé anche tensioni e rivalità interne al gruppo. I paesi della sponda sud adottano una strategia di “non allineamento attivo”, cercando di diversificare le proprie alleanze per mantenere autonomia e flessibilità nei rapporti internazionali. Tuttavia, questa posizione, sebbene strategica, non è priva di rischi, poiché espone gli attori regionali a pressioni da parte delle grandi potenze e a potenziali conflitti di interesse. Di fronte a questo scenario, gli attori occidentali sono chiamati a rivedere le proprie strategie nella regione, mentre i BRICS+ devono dimostrare capacità di coesione e concretezza nelle loro ambizioni multilaterali. Il summit di Rio de Janeiro sarà quindi un momento chiave per valutare la forza e la direzione di questo nuovo equilibrio globale in continua evoluzione.

Marcello Ciola


[1] In questo articolo quando è usata la dicitura “BRICS+” si fa riferimento al gruppo attuale, composto da dieci membri e altrettanti paesi partner. Quando è usato “BRICS” ci si riferisce ai cinque membri fondatori.